sabato 19 gennaio 2013

Nella mitologia norrena, l’orco è un mostro antropomorfo, con connotazioni bestiali e demoniache, crudele e divoratore di carne umana.
Si tratta di creature di forma umanoide, appartenenti ad una progenie elfica corrotta nella mente e nel corpo che, a causa delle sofferenze subìte, sono diventate creature malvagie, robuste e forti, dalla statura che raramente supera il metro e mezzo, e che vivono di notte, in quanto sono particolarmente sensibili alla luce del sole.
Gli Orchi sono creature grottesche e deformi, dalla pelle verde scuro fino al rosa chiaro e dalle braccia particolarmente lunghe. Il volto è schiacciato, la bocca ampia dotata di zanne, e gli occhi rossi sono particolarmente adatti a vedere al buio, dato che trascorrono gran parte della loro vita in caverne e gallerie: odiano infatti e mal sopportano la luce del sole, la quale “rende molli le loro gambe e fa girar loro la testa.“
Intimamente crudeli, cannibali all’occorrenza ed antropofagi, sono tuttavia molto ingegnosi e valenti sia nelle opere minerarie che nella lavorazione dei metalli, in particolar modo quando si tratta di produrre armi e strumenti di tortura.
Sono estremamente belligeranti e non perdono occasione per scatenarsi in furibonde battaglie senza fine.
L’organizzazione gerarchica è abbastanza primitiva: gli uomini combattono, e i più bravi si accoppiano con le femmine (segregate in zone precise), che poi allevano i piccoli tutte insieme.
Da questo riferimento ha tratto spunto Tolkien per rappresentare la più celebre razza di Orchi della letteratura fantasy, quelli della “Terra di Mezzo”
 

venerdì 30 novembre 2012

Gli esseri fatati di solito sono invisibili agli umani, ma ben percepiti dai gatti. Quando vedete un gatto che sgrana gli occhi e fissa un punto preciso, un po’ allarmato, di sicuro sta guardando un folletto e si aspetta qualche scherzo. Pe
r poterli vedere occorre un cuore da fanciulli, perché i bambini sono anime semplici e non vedono confini tra realtà e fantasia; un animo gentile, perché gli esseri fatati fuggono istintivamente le persone violente, rozze e volgari; e molto senso dell’umorismo, perché il Piccolo Popolo ama fare dispetti giocosi e prendere un po’ in giro, anche se senza malizia.

domenica 2 settembre 2012

La parola inglese “Fairy” deriva dall'arcaico fay, a sua volta derivato dal latino Fata, indicante esseri che assistevano alle nascite degli uomini e stabilivano il loro destino e la durata della loro vita (Fate madrine). Col termine si intendono tutti gli esseri fatati, non solo le fatine graziose con le alucce trasparenti che si trovano nei libri per bambini. “Fairy”, Piccolo Popolo, Buoni Vicini, Corte Fatata, Popolo delle Colline sono tutte espressioni per designare gli Esseri Fatati.
Vivono tra i fiori dei giardini, ma anche nelle case, specialmente in quelle vecchie. 
Amano i mobili tarlati, le travi dei soffitti e gli abbaini. In alcuni casi si affezionano alle persone nella cui casa o nel cui giardino vivono, al punto tale che traslocano e seguono la famiglia se questa cambia casa. Se la nuova casa è vicina vanno a piedi, cantando e ballando; altrimenti si fanno portare, magari chiusi in una scatola, in un mobile o in una zangola per il burro. Essi sanno ricompensare i gesti di cortesia. 

C’era una volta una donna che aveva appena setacciato il fior di farina, quando comparve nella stanza una donna molto graziosa, ma piccolissima, alta appena un palmo, che le chiese di riempirle una ciotola di farina, perché non ne aveva abbastanza per fare una torta. La donna le riempì la ciotola che, nonostante sembrasse piccola, riuscì a contenere tutta la farina setacciata. La donna non si lamentò, lasciò tutta la farina alla donnina e quella sera saltò il pasto. Un mese dopo la donnina tornò a chiedere altra farina ancora la donna gliela diede tutta, senza protestare.
Allora la donnina, che era una fata, fece un incantesimo sulla madia della farina, poi scomparve. La donna non ebbe più bisogno di comprare farina per tutta la vita, perché la sua madia non si vuotava mai, premio riconoscente per chi si era dimostrata generosa con il Piccolo Popolo.
Se subiscono un atto di maleducazione o di cattiveria, o se sentono che qualcuno parla male di loro, si infuriano; in questo caso, fate attenzione al soffio fatato, che potrebbe mandarvi a gambe all’aria, ma anche paralizzarvi per tutta la vita.
Potrebbero anche mettervi sulla soglia di casa l’erba dello smarrimento: una volta calpestatala, girereste per giorni senza ricordarvi più chi siete e da dove venite.

martedì 28 agosto 2012

Le Fate amano i fiori più di qualsiasi altra cosa. Il loro olfatto è sottilissimo, conoscono ogni sfumatura legata agli aromi ed ai profumi dei fiori che crescono nei boschi e dei prati.
Esse se ne prendono cura sorvegliandone il ciclo vitale, curandone le radici, assistendo allo sbocciare dei teneri germogli.
Quando andate alla ricerca dei luoghi di ritrovi fatati, ricordatevi che ogni prato, ogni striscia di terra su cui fioriscono fiori e profumi selvatici, lì vi è la sicura presenza delle fate. Non a caso si dice che il profumo lasciato dal popolo fatato sia quello spiccato del muschio bagnato.
Mi poserò sulle pagine di quel libro
come una delicata farfalla sui petali di una rosa...
inebriata dal suo profumo darà vita e colore
a quel bel fiore da tempo nascosto tra i rovi intricati...
rinascerà il giardino dei sogni.......

mercoledì 18 luglio 2012

Nelle vicinanze di Kovaszna, ci sono le rovine di un castello. 
 Secondo un’antica credenza, in questo castello c’è un buio e freddo sotterraneo con una grande porta di ferro.
Su questa grande porta sta seduta la Regina delle Fate. 
 
Il giorno di Capodanno,questa porta si apre e rimane aperta per sette minuti. Ed in questi pochi sette minuti per chi si trova proprio lì davanti, è possibile vedere l’immenso tesoro che si trova accumulato là dentro. 

Chiunque decide di abitare per sette anni interi all’ingresso del sotterraneo, proprio davanti alla grande porta di ferro viene invitato dalla Regina delle Fate ad entrare e a portar via tutto l’oro che vuole.
Per riempirsi le tasche d’oro e d’argento, la Regina delle Fate concede solo sette minuti. Chiunque rimanga un attimo di più all’interno del buio e freddo sotterraneo, viene aggredito dai draghi che sono a guardia del tesoro e viene trasformato lui stesso in un drago. 
 Così trasformato colui che, per avidità, si è intrattenuto troppo a lungo nella stanza del tesoro, resterà, finché un altro malcapitato avido, che si tratterrà più di sette minuti nella stanza del tesoro dopo aver trascorso sette anni sull’ingresso del sotterraneo prima che la Regina delle Fate lo facesse entrare. Solo dopo che un altra persona avida verrà intrappolata nella stanza del tesoro e dovrà restare a guardia di esso sotto le sembianze di un drago, solo allora il malcapitato potrà riprendere la sua forma originaria e uscire dall’oscuro e freddo sotterraneo.

giovedì 17 maggio 2012

Ringrazio la carinissima Arwen del blog Il rifugio degli elfi per avermi gentilmente donato questo premio
un pizzico di fortuna va sempre bene.. soprattutto in questi tempi!!!
Come per tutti i premi ci sono delle regole...

1° ringraziare chi ha donato il premio
2° elencare 3 cibi che si amano particolarmente
3° elencare 10 blog meritevoli del premio

Dunque ecco i cibi che preferisco:
- la pasta è il piatto di cui non posso fare a meno... di tutti i tipi ma soprattutto gli strozzapreti romagnoli
- pizzaaaaaaaaaaaa
- la torta chantilly...  anche se vado pazza per tanti altri dolci


Invece la scelta dei 10 blog è la nota dolente... allora per non avere questo  grosso dilemma giro il premio a tutti quelli che mi vengono a trovare e lasciano un commento
Che la fantasia ci accompagni sempre...

sabato 12 maggio 2012

"... il regno delle fate e degli spiriti è molto più resistente dei sogni che gli uomini gli dedicano. Forse rimarrà sempre sul punto di scomparire e non scomparirà mai."
*William Butler Yeats*

domenica 19 febbraio 2012

Cosa si narra della storia degli elfi? come nascono ?

Iluvatar li fece nascere sotto le Stelle, e tra tutte le cose, è proprio la luce delle Stelle quella che essi amano di più.
Gli Elfi erano immortali e vivevano a lungo quanto la Terra, senza conoscere malattia e pestilenze, ma i loro corpi avevano la stessa sostanza della Terra, e come essa erano passibili di distruzione. 
Alti quanto gli Uomini, gli Elfi ne erano però più forti di cuore e di membra, e il volgere degli anni e delle Ere portava loro non già vecchiaia, ma altra bellezza e saggezza. 
Potevano essere uccisi dalle armi o dal dolore, ma la loro non era che una morte apparente, perchè la loro vita continuava nelle Aule di Mandos, in Valinor, da dove col tempo possono tornare. 

Gli Elfi avevano occhi risplendenti della luce delle Stelle che videro alla nascita,
capelli d'oro, d'argento o neri quanto l'ambra nera; emanavano luce, e il suono delle loro voci era puro, dolce e vario come l'acqua di fonte.
 La storia di questo popolo, benedetto da Iluvatar ma, perchè immortale, destinato alla malinconia e alla tristezza, è narrata con particolare affetto da Tolkien nei suoi libri.La fine della Terza Era del mondo segnò la fine della permanenza degli Elfi nella Terra di Mezzo, e nella Quarta Era, quella del Dominio degli Uomini, l'ultimo Elfo salpò con l'ultima nave per le Aule di Mandos.

da Il portale dei sogni

mercoledì 18 gennaio 2012

tipologia delle fate di Lot

«Mi chiedete dunque di raccontarvi chi sono e da dove vengono le Fate di Lot? Una domanda quasi impertinente, messere, ma il capriccio che oggi qui mi guida, fa si che io desideri rispondere alla vostra domanda.
Badate, ho scelto di rispondervi e vi racconterò, se saprete conservare il silenzio ed ascoltare senza porre questioni.»

La Fata, seduta su di un masso bianco posto ai bordi della cascata, scrolla leggermente la testa, mentre un sorriso dolce e ironico le illumina i lunghi occhi orientali dalle sfumature di foglia nuova.

Incrocia con grazia le braccia intorno alle ginocchia rialzate, e fissando un punto lontano, narra con voce sommessa:

«Siamo belle. Più belle infinitamente delle donne mortali, più fragili degli angeli, più appassionate e sensuali delle elfe sottili che passano con passo di danza senza quasi piegare gli steli dell’erba. Veniamo da terre d’incanto e primavera, in cui solo di rado giungeva un mortale, e sempre per nostra volontà.
Quelle terre sono ormai lontane, perdute in una nebbia di sogno e di malinconia, e non vi faremo ritorno per lungo, lungo tempo ancora, se il tempo ha valore per noi, che non invecchiamo e non moriamo.»

Mentre racconta, la Fata, pensierosa, arrotola su di un dito sottile una ciocca di capelli, che come un mantello lucente le coprono le spalle.
La guardo e penso che non sia mai esistita una donna di tale bellezza: tanto squisita da sembrare davvero un sogno avverato, dagli occhi colmi di mistero all’eleganza rarefatta dei gesti, tutto in lei sa toccare le corde più segrete dei cuori e farle vibrare all’unisono con la propria armonia.
D’un tratto si alza e il morbido fluire della veste, sembra stabilire un accordo sottile con il fluire dell’acqua dalla cascata.

«Mi chiamano Fata Madre, e le Fate mi obbediscono, o meglio, -  sorride - scelgono di obbedirmi. Non chiedere perché proprio io sia stata scelta. Così è, e tanto ti basti.
Ma il mio nome è Ayanami, e come tutte le Fate, anch’io ho la mia inclinazione.»

«Mi chiedi che siano le inclinazioni, non è vero? Lo leggo nella luce più viva del tuo sguardo.
Ebbene, devi sapere che le Fate giungono alla vita sul piano eterico e sul piano reale nello stesso istante.
E sebbene sia sul piano eterico che noi viviamo per la maggior parte del nostro tempo, e che questo sia cosa difficile da comprendere, un mondo senza orizzonte, eternamente immerso in una luce d’alba e tramonto, senza terreni, fatto della sostanza di cui son fatti i sogni, ecco, è la nascita al reale che determina l’inclinazione del carattere di una Fata.
Ogni Fata ha in sé le caratteristiche della nostra razza: l’allegria, il capriccio, la sensualità; eppure ognuna risponde alle caratteristiche del momento in cui per la prima volta, scendendo dal piano eterico, ha acquisito forma umana e posato il piede sul terreno.
Così incontrerai Fate Blu, dai lunghi capelli corvini e dagli occhi di acquamarina, nate sui bordi dei fiumi e vicine alla spuma dei laghi, sognatrici e romantiche, esili come i giunchi sul bordo del rivo e altrettanto flessibili. 
Le vedrai sostare sulla riva del mare in burrasca e conversare con le sirene, ridere ai bordi delle cascate e cantare nella pioggia quando scende sottile come fili d’argento in primavera. Fai attenzione, sono a volte malinconiche e covano a lungo il rancore, e il loro raro sorriso può rubarti il cuore.
O ti farai sedurre da una Fata Verde, nata nel cuore della primavera su un prato umido di rugiada? Dai suoi riccioli color del rame e dalle sue risate ricche come il canto dell’usignolo? Saprai capire il suo amore per ogni albero, per ogni fiore e frutto, per ogni stelo d’erba? È facile amare una Fata Verde, la speranza che illumina i suoi occhi, la gioia che sa portare nella vita di chi l’incontra, è difficile lasciarla andare e non desiderare di possederla... ma vano è il desiderio dei mortali di possedere una Fata...

Dolci e allegre, ricche di armonie segrete sono le Fate Gialle, dai lunghi riccioli color del grano, nate nel mezzogiorno dell’estate più bella. Se guarderai con attenzione in un campo di grano, tra stelo e stelo, dove nascono i papaveri ed i fiordalisi color del cielo, le vedrai inseguire farfalle o cantare sedute nel cerchio, o inseguire come cuccioli i raggi del sole che filtrano tra le foglie. Ricche di monili d’oro e di gemme intrecciate alla chioma, ti insegneranno, se le ascolterai con il cuore puro, la gioia infinita della gioia stessa, dei sorrisi regalati con il cuore puro, e il segreto di aprirsi agli altri come un fiore ai raggi del sole.
 
Alla dolcissima luce della luna nascono le Fate Bianche, colme di grazia e malinconia, dalle chiome lisce e chiare che scendono come l’acqua di un ruscello sulle spalle eleganti. Le vedrai danzare tra i cristalli di neve o nascondersi nei boccioli dei gelsomini. Così delicate che potrai con una sola mano circondarne la cinta, e così belle che non potrai ardire di alzare nemmeno lo sguardo sulla loro timida grazia.»

Ayanami mi guarda con gli occhi colmi di sapiente mistero, e ridendo continua:

«E vedrai camminare con noi, e danzare nel nostro magico cerchio, le Fate Nere. Quelle toccate dal vento di burrasca e dal temporale, belle e cupe come il cielo durante le tempeste, e altrettanto temibili. Rapide nell’ira, e terribili nella vendetta, possono far tremare le tue mani con un solo sguardo degli occhi di ametista, o con una sola, sprezzante, alzata delle belle spalle.
Potrai sognare di addormentarti per una notte nel mare nero e lucente delle loro trecce, ma quando ti sveglierai, potresti scoprire che sulla terra sono trascorsi mille anni.»

La risata di Ayanami la bella tintinna come un campanello lontano, e il tocco leggero della sua mano sulla spalla mi fa tremare tanto, che a stento riesco a leggere ora ciò che ho scritto.

«Qualcuno ha detto di me, tanto tempo fa, che indosso la bellezza come un manto, e che guardo il mondo con gli occhi colmi di un segreto divertimento... ebbene, oggi tu mi hai offerto motivo di riso e divertimento, e di questo ti sono grata.
Ti chiederai che facciamo nel Granducato di Lot... lontane dalle nostre terre e dal nostro destino? Ebbene, viviamo, ché nelle Fate la gioia stessa della vita è più inebriante dell’ambrosia dei miti. E poiché amiamo i mortali, per loro ­ e per il nostro capriccio ­ sappiamo creare piccole magie.
Delicata e fragile è la magia delle Fate, perché vive di immaginazione, ed opera su quel che i sensi dettano a coloro che la subiscono o l’implorano. Non siamo maghe o streghe dai potenti incantesimi, e le nostre magie sono solo il miraggio di cosa potrebbe accadere se solo i mortali lasciassero libera la loro mente, e sgombro il loro cuore.
Per questo, la nostra magia non può cambiare il mondo, ma solo l’impressione che del mondo voi avrete... potrà farvi credere di essere diverso, ma non mutarvi. Per questo, dovrete accondiscendere all’opera magica, e noi non potremo imporla, ma...» 

Ayanami alza un dito e diviene ai miei occhi alta, e bella, e severa.

«Ricordate» ­sussurra, appoggiando dolcemente le sue labbra sulle mie,­ «guardatevi da un bacio di Fata.»

E mentre ridendo la bella Ayanami scompare, intorno a me restano solo le piccole stelle bianche delle lucciole.


Fonte: CAMARILLA DELLE FATE

mercoledì 23 novembre 2011

Armi, armature e combattimento delle Fate di Lot

Le Fate, creature del piccolo popolo, non sono solite trascorrere la loro esistenza adoperandosi in duelli o guerriglie armate. Possono decidere di infastidire o scherzare bonariamente con qualsiasi altro Lottiano, ma difficilmente si incontra una Fata armata e in assetto da guerra.
In alcuni casi, è comunque necessario potersi difendere e così conoscere le armi più adatte alle loro dimensioni o indossare un’armatura che, sebbene leggera, possa giovare molto.

LE ARMI
Ovviamente non è possibile per una Fata utilizzare ogni tipo di arma, ed alcune sono assolutamente impossibili da maneggiare, vista la poca forza disponibile.
È particolarmente indicato l’uso di un coltello o di uno stiletto affilato, che può essere facilmente nascosto ed usato per colpire le parti del colpo che vengono lasciate scoperte dall’armatura dell’avversario.
Allo stesso modo, colpire il proprio nemico con una fionda o un piccolo arco permette di mantenersi ad una certa distanza, e di sfruttare l’agilità e il volo che contraddistingue la razza.

Tutto ciò che può ostacolare o rendere i movimenti più lenti e goffi è quindi da evitare, favorendo così i punti di forza della razza: l’intelligenza, l’agilità, la possibilità di volare e muoversi velocemente in qualsiasi ambiente.

LE ARMATURE
Le Fate di Lot, vista la loro scarsa forza fisica, possono indossare solo armature classificate come leggere: il Giaco Imbottito, la Corazza di Cuoio o l’Armatura a scaglie ad esempio.
 E non possono difendersi con scudi di alcun tipo, nemmeno di legno.
Il capo, invece, può essere ricoperto da semplici elmi in cuoio che permettono di ripararsi da cadute, frecce di rimbalzo o colpi di striscio.
In caso di duello, quindi, la Fata si coprirà con un pettorale in cuoio, magari rinforzato da borchie o piccole placche metalliche, un elmo in cuoio e degli stivaletti robusti. Questo tipo di abbigliamento non permette di difendersi da frecce o dardi scoccati su lunga distanza, come non permette di resistere ai colpi di armi pesanti da botta o da taglio, ma consente di mantenere un’ottima mobilità e un’altrettanto ampia visibilità, che spesso viene a mancare ai cavalieri armati di tutto punto.

IL COMBATTIMENTO
Anche se combattere non è propriamente il mestiere delle Fate, in alcune situazioni è bene sapere cos’è meglio fare e quali siano le strategie da scegliere di fronte al loro avversario.
Per una Fata è quasi sempre preferibile combattere in forma eterica. La forma naturale di una Fata non richiede, infatti, alcun tipo di dispendio energetico e la possibilità di volare unita alla scarsa altezza, le rende un bersaglio difficile da colpire oltre che particolarmente agile.

Armate di stiletto o spada corta, possono volare attorno all’avversario colpendolo a ripetizione in più punti, avendo l’accortezza di scegliere quelli scoperti dall’armatura (occhi, collo, giunture).
La forma umana invece non permette di levarsi in volo, abilità essenziale per scappare, e non consente neppure una forza o una resistenza maggiore, costringendole a combattere come “umani molto deboli”.

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