«Mi chiedete dunque di raccontarvi chi sono e da dove vengono le
Fate di Lot? Una domanda quasi impertinente, messere, ma il capriccio
che oggi qui mi guida, fa si che io desideri rispondere alla vostra
domanda.
Badate, ho scelto di rispondervi e vi racconterò, se saprete conservare il silenzio ed ascoltare senza porre questioni.»
La
Fata, seduta su di un masso bianco posto ai bordi della cascata,
scrolla leggermente la testa, mentre un sorriso dolce e ironico le
illumina i lunghi occhi orientali dalle sfumature di foglia nuova.
Incrocia con grazia le braccia intorno alle ginocchia rialzate, e fissando un punto lontano, narra con voce sommessa:
«Siamo
belle. Più belle infinitamente delle donne mortali, più fragili degli
angeli, più appassionate e sensuali delle elfe sottili che passano con
passo di danza senza quasi piegare gli steli dell’erba. Veniamo da terre
d’incanto e primavera, in cui solo di rado giungeva un mortale, e sempre
per nostra volontà.
Quelle terre sono ormai lontane,
perdute in una nebbia di sogno e di malinconia, e non vi faremo ritorno
per lungo, lungo tempo ancora, se il tempo ha valore per noi, che non
invecchiamo e non moriamo.»
Mentre racconta, la Fata,
pensierosa, arrotola su di un dito sottile una ciocca di capelli, che
come un mantello lucente le coprono le spalle.
La guardo e penso
che non sia mai esistita una donna di tale bellezza: tanto squisita da
sembrare davvero un sogno avverato, dagli occhi colmi di mistero
all’eleganza rarefatta dei gesti, tutto in lei sa toccare le corde più
segrete dei cuori e farle vibrare all’unisono con la propria armonia.
D’un tratto si alza e il morbido fluire della veste, sembra stabilire un accordo sottile con il fluire dell’acqua dalla cascata.
«Mi chiamano Fata Madre, e le Fate mi obbediscono, o meglio, - sorride - scelgono di obbedirmi. Non chiedere perché proprio io sia stata scelta. Così è, e tanto ti basti.
Ma il mio nome è Ayanami, e come tutte le Fate, anch’io ho la mia inclinazione.»
«Mi chiedi che siano le inclinazioni, non è vero? Lo leggo nella luce più viva del tuo sguardo.
Ebbene, devi sapere che le Fate giungono alla vita sul piano eterico e sul piano reale nello stesso istante.
E
sebbene sia sul piano eterico che noi viviamo per la maggior parte del
nostro tempo, e che questo sia cosa difficile da comprendere, un mondo
senza orizzonte, eternamente immerso in una luce d’alba e tramonto,
senza terreni, fatto della sostanza di cui son fatti i sogni, ecco, è la
nascita al reale che determina l’inclinazione del carattere di una
Fata.
Ogni Fata ha in sé le caratteristiche della nostra
razza: l’allegria, il capriccio, la sensualità; eppure ognuna risponde
alle caratteristiche del momento in cui per la prima volta, scendendo
dal piano eterico, ha acquisito forma umana e posato il piede sul
terreno.
Così incontrerai Fate Blu, dai lunghi capelli
corvini e dagli occhi di acquamarina, nate sui bordi dei fiumi e vicine
alla spuma dei laghi, sognatrici e romantiche, esili come i giunchi sul
bordo del rivo e altrettanto flessibili.
Le vedrai sostare sulla riva
del mare in burrasca e conversare con le sirene, ridere ai bordi delle
cascate e cantare nella pioggia quando scende sottile come fili
d’argento in primavera. Fai attenzione, sono a volte malinconiche e
covano a lungo il rancore, e il loro raro sorriso può rubarti il cuore.
O
ti farai sedurre da una Fata Verde, nata nel cuore della primavera su
un prato umido di rugiada? Dai suoi riccioli color del rame e dalle sue
risate ricche come il canto dell’usignolo? Saprai capire il suo amore
per ogni albero, per ogni fiore e frutto, per ogni stelo d’erba? È
facile amare una Fata Verde, la speranza che illumina i suoi occhi, la
gioia che sa portare nella vita di chi l’incontra, è difficile lasciarla
andare e non desiderare di possederla... ma vano è il desiderio dei
mortali di possedere una Fata...
Dolci e allegre, ricche
di armonie segrete sono le Fate Gialle, dai lunghi riccioli color del
grano, nate nel mezzogiorno dell’estate più bella. Se guarderai con
attenzione in un campo di grano, tra stelo e stelo, dove nascono i
papaveri ed i fiordalisi color del cielo, le vedrai inseguire farfalle o
cantare sedute nel cerchio, o inseguire come cuccioli i raggi del sole
che filtrano tra le foglie. Ricche di monili d’oro e di gemme
intrecciate alla chioma, ti insegneranno, se le ascolterai con il cuore
puro, la gioia infinita della gioia stessa, dei sorrisi regalati con il
cuore puro, e il segreto di aprirsi agli altri come un fiore ai raggi
del sole.
Alla dolcissima luce della luna nascono le Fate
Bianche, colme di grazia e malinconia, dalle chiome lisce e chiare che
scendono come l’acqua di un ruscello sulle spalle eleganti. Le vedrai
danzare tra i cristalli di neve o nascondersi nei boccioli dei
gelsomini. Così delicate che potrai con una sola mano circondarne la
cinta, e così belle che non potrai ardire di alzare nemmeno lo sguardo
sulla loro timida grazia.»
Ayanami mi guarda con gli occhi colmi di sapiente mistero, e ridendo continua:
«E
vedrai camminare con noi, e danzare nel nostro magico cerchio, le Fate
Nere. Quelle toccate dal vento di burrasca e dal temporale, belle e cupe
come il cielo durante le tempeste, e altrettanto temibili. Rapide
nell’ira, e terribili nella vendetta, possono far tremare le tue mani
con un solo sguardo degli occhi di ametista, o con una sola, sprezzante,
alzata delle belle spalle.
Potrai sognare di
addormentarti per una notte nel mare nero e lucente delle loro trecce,
ma quando ti sveglierai, potresti scoprire che sulla terra sono
trascorsi mille anni.»
La risata di Ayanami la bella
tintinna come un campanello lontano, e il tocco leggero della sua mano
sulla spalla mi fa tremare tanto, che a stento riesco a leggere ora ciò
che ho scritto.
«Qualcuno ha detto di me, tanto tempo
fa, che indosso la bellezza come un manto, e che guardo il mondo con gli
occhi colmi di un segreto divertimento... ebbene, oggi tu mi hai
offerto motivo di riso e divertimento, e di questo ti sono grata.
Ti
chiederai che facciamo nel Granducato di Lot... lontane dalle nostre
terre e dal nostro destino? Ebbene, viviamo, ché nelle Fate la gioia
stessa della vita è più inebriante dell’ambrosia dei miti. E poiché
amiamo i mortali, per loro e per il nostro capriccio sappiamo creare
piccole magie.
Delicata e fragile è la magia delle Fate,
perché vive di immaginazione, ed opera su quel che i sensi dettano a
coloro che la subiscono o l’implorano. Non siamo maghe o streghe dai
potenti incantesimi, e le nostre magie sono solo il miraggio di cosa
potrebbe accadere se solo i mortali lasciassero libera la loro mente, e
sgombro il loro cuore.
Per questo, la nostra magia non
può cambiare il mondo, ma solo l’impressione che del mondo voi avrete...
potrà farvi credere di essere diverso, ma non mutarvi. Per questo,
dovrete accondiscendere all’opera magica, e noi non potremo imporla,
ma...»
Ayanami alza un dito e diviene ai miei occhi alta, e bella, e severa.
«Ricordate» sussurra, appoggiando dolcemente le sue labbra sulle mie, «guardatevi da un bacio di Fata.»
E mentre ridendo la bella Ayanami scompare, intorno a me restano solo le piccole stelle bianche delle lucciole.
Fonte:
CAMARILLA DELLE FATE